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Laurie Anderson è una delle artiste che ha definito il termine "avanguardia" per la fine del secolo: una posa fredda, distaccata, astratta, raffinatamente volgare, sottesa da una paura irrazionale del presente e da premonizioni inquietanti del futuro, e masochisticamente succube della tecnologia moderna.
Ma Laurie Anderson è l'avanguardia.
Anderson ha coniugato musica elettronica, minimalismo, gestualismo e ha immesso nel vocalismo sperimentale la maniera del music-hall. Saliente come punto di fusione e compromesso, il suo stile di canto ha importanza soprattutto per aver nobilitato il recitato. La sua arte compositiva è comunque soprattutto un fatto di arrangiamenti, di integrazione di eventi (sonori e non) fra loro culturalmente distanti, in un nuovo genere sofisticato e leggero, futurista e pan-etnico, di forma-canzone. Anderson eccelle soprattutto nell'aspetto multimediale.
Le sue canzoni-sketch si svolgono lente, ripetitive e colloquiali, in un'atmosfera dimessa ed irreale fatta di ritmi etnici e di soffici tappeti elettronici, a metà fra l'ipnosi e l'onirismo. Strati di vocalizzi filtrati, più recitati che cantati (secondo la tecnica del Sprechgesang, della canzone-discorso), danno luogo a melodie ben riconoscibili. I testi sono a loro volta ispirati ad una comica filosofia del quotidiano.